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Leggi in materia di ambiente ed Enti Pubblici

Questa pagina contine alcune leggi relative all'ambiente ed ai diritti dei cittadini verso gli Enti Pubblici.

  • Legge 07/08/1990 n.241 - Legge sulla trasparenza degli atti amministrativi

    Molti non sanno che esiste una legge molto importante, la 241/90 che permette a tutti i cittadini di visionare e/o avere copia dei documenti degli Enti pubblici.
    Qualsiasi cittadino può richiedere per iscritto ad un Ente pubblico i documenti relativi ad un procedimento amministrativo, in alcuni casi anche senza motivazione specifica, e conseguentemente l'Ente entro 30(trenta) giorni deve rispondere al cittadino, con risposta positiva o negativa, oppure informare chi è il responsabile del procedimento e motivare il ritardo per la chiusura della richiesta.
    La 241/90 ha avuto delle modifiche fatte con la legge 11 febbraio 2005 n.15 che ha portato miglioramenti e novità importanti per i cittadini.
    Legge 241/1990 - Legge 15/2005

  • Direttiva 2003/4/CE - Diritto di accesso all'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse.

    La Comunità Europea, considerando che l'ambiente è un patrimonio di tutti da tutelare ha ritenuto opportuno scrivere una direttiva che permetta l'accesso a tutti gli atti relativi all'ambiente, questo per permettere una maggiore sensibilizzazione al fine di migliorare l'ambiente.
    Direttiva

  • Legge 26/4/90 n. 86 - art. 328 del Codice Penale

    Si deve sottolineare in proposito come l'approvazione della L. 241/90 abbia più ampliamente disciplinato, in via generale, tanto le forme di partecipazione al procedimento ed alla attività amministrativa quanto le modalità di accesso ai documenti ed agli atti delle pubbliche amministrazioni.
    La legge 26/4/90 n. 86 ha apportato delle modifiche al Codice Penale in materia di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. In particolare merita di essere segnalata la norma cli cui all'art. 16 della legge che, sostituendo l'art. 328 del Codice Penale, ha introdotto una nuova forma del reato di rifiuto o omissione di atto d'ufficio. Non si può comprendere la reale portata cli questa norma se non la si ricollega a quanto previsto nella L. 241/90. Abbiamo visto come tale legge ponga l'obbligo per l'Amministrazione di concludere il procedimento entro un termine certo.
    Abbiamo visto altresì come la legge, ad evitare al cittadino defatiganti peregrinazioni negli uffici pubblici, imponga alle amministrazioni di indicare la figura del cosiddetto responsabile del procedimento.
    Ora, può ben darsi il caso che per un qualche motivo il procedimento non possa concludersi nel tempo stabilito. Resta tuttavia inteso che il cittadino avrà diritto di conoscere il motivo del ritardo, rivolgendosi, per l'appunto, al funzionario che di quel determinato procedimento detiene la responsabilità e che quest'ultimo, per parte sua, dovrà rendere ragione dei motivi che hanno determinato la mancata conclusione del procedimento nel termine.

    Il nuovo articolo 328 del Codice Penale punisce con la reclusione fino ad un anno e con la multa fino a due milioni il pubblico ufficiale che, sebbene diffidato, non compia nel termine di trenta giorni l'atto o non risponda per esporre le ragioni del ritardo.

    Con questo non si vuol dire che la responsabilità penale sorga in capo al pubblico ufficiale per il semplice fatto del ritardo (che molto spesso dipende dalla farraginosità della macchina burocratica e dalla eccessiva commistione tra politica e amministrazione).
    Non sembra tuttavia revocabile in dubbio che il nuovo disposto dell'articolo 328 del Codice Penale costituisce uno strumento in più nelle mani delle associazioni dei consumatori e degli utenti per scrollare un pò di polvere dai pubblici archivi, e che la previsione di una responsabilità penale del pubblico ufficiale si affianca a dare più forza alla disciplina dettata con la L. 241/90.


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